Borgese, nel campo della giovane pittura d'immagine milanese, porta avanti una linea poetica che, se certo non infrequente, viene però svolta da lui con esemplare coerenza e nitido senso della misura: si tratta del tema della violenza, della prevaricazione esercitata nei confronti dell'uomo dall'aridità impersonale dei "meccanismi per vivere" di cui si è oggi dotato.

La violenza sorda, compatta, continua che sta dietro agli scenari urbani, alle architetture desolanti, alla solitudine di massa che si inscrive tra le nostre pareti e i nostri asfalti quotidiani trova, infatti, nelle sue tele, un riscontro appassionato ed assorto.

Vi si avverte il sentimento raggelante di una presenza ambigua come se, dietro !a disumana geometricità di tutto questo e del sistema, fosse celata una forza distruttrice tesa e pronta a scattare, una molla immane che potrebbe, da un momento all'altro, abbattersi su se stessa soffocando l'uomo tra le sue spire. E contro tale presenza disumana l'artista ci mette in guardia con queste sue tele silenziose, calibrate, efficaci.

Giorgio Seveso, "L'Unità" - 16 novembre 1977